Prima di partire per un viaggio spesso ci si trova a studiare a memoria guide, mappe, blog e siti, per arrivare preparati ed evitare quel senso di smarrimento che un nuovo posto regala.
Una volti poi giunti a destinazione, guida alla mano e gambe in spalla, si parte alla scoperta dei luoghi da non perdere alternandoli, magari a momenti di passeggiate nei centri città stile “và dove ti porta il cuore”. In questo perdersi il viaggiatore curioso si augura di imbattersi in qualche locale, che con qualche pretesto racconterà qualcosa in più sul luogo, sugli usi e sui costumi locali.
Quando questa combinazione di eventi accade sembra di vivere una fortuna indescrivibile.
Per trasformare gli avvenimenti fortuiti in certezze, abbiamo inserito in Travel & Swap – un numero sempre crescente di appuntamenti e interviste con persone locali e no. Un modo davvero originale e assolutamente da consigliare è quello di frequentare un corso di cucina locale, in questo caso Lisbona da Kiss the cook.
La sede è all’interno dell’ex area industriale LX Factory, dove i vari capannoni un tempo adibiti alla stampa tipografica, oggi sono stati recuperati lasciando l’antico e vero fascino industriale ma riadattandoli ad un utilizzo più contemporaneo.
Passeggiando all’interno di quest’area, che sembra essere quasi un micro quartiere, giungiamo ad uno dei nostri appuntamenti di #portogalloswap: una cooking class di cucina portoghese ci attende.

Caterina ci introduce la lezione e i passaggi!

Joao prepara gli ultimi dettagli!
All’arrivo Caterina e Joao i due resident chef ci accolgono come due vecchi amici. Mattoncini a vista bianchi, mobili vintage resi contemporanei da una mano di vernice, una giusto mix tra stile industriale e arredamento contemporaneo rendono l’ambiente già al primo sguardo, un luogo carico di stile e fascino.
Su un grande tavolo un sontuoso banchetto, composto da varie selezioni di olio, diverse tipologie di pane, formaggi e salumi di quello che scopriremo essere poi solo un aperitivo in pieno stile portoghese. Caterina mi rassicura di non far nessun trattamento di favore, ma che tutto ciò a cui assisteremo e parteciperemo è quello che portoghesi e non, vivono quando prendono parte ad uno dei loro corsi.
Dopo una veloce degustazione, perchè la curiosità di cominiciare è tanta, ci dirigiamo nelle postazioni di lavoro e non neghiamo di sentirci un po’ Masterchef. Occupiamo una postazione ciascuno, delle 12 a disposizione, ingredienti perfettamente organizzati mentre Caterina inizia ad elargirci i suoi insegnamenti. Ma Joao? In questa occasione l’altro chef indossa le vesti non solo di assistente, ma anche di fotografo così da lasciare i partecipanti liberi e rilassati dal tormento fotografico, ma al contempo avere un ricordo per immagini dell’evento.
Cosa abbiamo preparato?
Bolinhas de Almeira con purè di mele renette caramellizzate. Un piatto che trae origini dalla storia di questo luogo che racchiude in sè la fusione tra oriente e occidente, quando con l’arrivo della cultura islamica e il divieto di mangiare carne di origine di maiale, le salsicce vennero reinterpretate e create utilizzando la carne di pollo. Interessante il gusto dato da una lieve affumicatura e dal contrasto dolce e acidulo del purè di mele. La nota interessante è data dal rosmarino inserito in fase di cottura.
Caldeirada a Portugueisa – ossia piatto del pescatore, composto da cipolle, patate, peperoni, pomodori e passata di pomodoro sfumati con il vino bianco e stufati per circa 30 minuti. Giunto a cottura si aggiunge il pesce per gli ultimi minuti. Una volta portato a termine si rimesta delicatamente senza rompere le verdure che sono state tagliate a fette e disposte a strati.
Pastel de grao – ossia tartellette in pasta sfoglia con una crema di ceci, uova e zucchero e decorate con scaglie di mandorle tostate. Il tutto in forno per 20 minuti. Interessante e nuovo per me l’abbinamento di un legume nella versione dolce.
Quando si chiacchiera e ci si trova bene il tempo scorre in un batti baleno, ma a dispetto dei luoghi comuni sulla puntualità portoghese, qui abbiamo trovato un gruppo di persone che non solo lavorano, ma che sanno anche divertirsi. Puntuali ed organizzati, professionali e amichevoli sono pronti tra un piatto e l’altro a condividere storie e racconti di vita vera e vissuta.
Così scopriamo che mentre Joao tifa per il Benfica, Caterina tifa per la squadra avversaria, lo Sporting, ma nel mentre concordano entrambi nel dire che i dolci in portogallo non sono solo le pastel de nata o di Belem. Anzi. Ci raccontano dei dolci conventuali, fatti con il rosso d’uovo e chiamati così perchè quando ancora non esisteva l’appretto, le suore usavano inamidare gli indumenti con il bianco dell’uovo. Si arrivò così a pensare che con i rossi d’uovo e un po’ di zucchero di poteva dar vita a qualcosa di buono evitando così di sprecare del cibo. Giungono così a noi questi dolci molto originali e particolari e tutti da assaggiare.
Nel mentre si alternano i momenti di preparazione a quelli non di una degustazione, ma di un vero e proprio pranzo, in sottofondo scorre il nuovo Fado Moderno. Perchè se è fero che questa musica appartiene a questo popolo è pur vero che anche qui le cose cambiano. Le nuovi generazioni hanno voglia di allegria e spensieratezza, da qui il Dado di Deolinda. Brioso, frizzante sulle note di una tradizione che si sta evolvendo senza dimenticare il passato.
Al momento di varcare la porta il nostro orologio segnava le 12, anche se la giornata luminosa e soleggiata potrebbe tradire, salutiamo l’allegra brigata dopo 4 ore piene di energia, di informazioni e non solo di nuove conoscenze, ma di nuove certezze che con questo popolo siamo più vicini di quel che mai potremmo pensare.
Ingredienti semplici, gusti sinceri e come ogni famiglia calorosa e ospitale che si rispetti, non manda via l’ospite senza un ricordo. Nel nostro caso salutiamo, promettendo un arrivederci, con talmente tante pastel de grao che avremmo potuto improvvisare un banchetto di vendita.
Questa è Lisbona, quella vera. Quella che pochi hanno la fortuna di scoprire e per questo noi non potevamo non viverla in prima persona per poi non raccontarvela. Perchè un’esperienza simile merita davvero di essere consigliata e condivisa.
Share & enjoy,
Barbara